Olio dall’estero, un’opportunità per il vero Made in Italy?

Quando, nel 2016, il Parlamento Europeo ha approvato quella controversa maxi-importazione di olio tunisino per un ammontare pari a 70.000 tonnellate in due anni senza tasse – con la motivazione di voler rafforzare l’economia della Tunisia dopo gli attacchi terroristici del 2015 – è scoppiata una polemica inaudita e i produttori, invece, di cogliere questa vicenda come un’opportunità, l’hanno percepita come una minaccia.

Il Parlamento Europeo, però, se da una parte favorisce il libero scambio di merci, dall’altra ha già da tempo istituito l’obbligo di tracciabilità. che, nel caso specifico dell’Italia, diventa un’enorme opportunità per valorizzare i prodotti e le innumerevoli varietà di cultivar presenti sul territorio. La tracciabilità, infatti, che viene percepita oggi dai produttori come l’ennesimo balzello legislativo a cui ottemperare, in realtà, se opportunamente utilizzata, può diventare uno strumento di marketing formidabile.

Stimola il consumatore consapevole ad acquistare un prodotto di qualità certa, che rispecchia le peculiarità del territorio ed incarna nei sapori, negli odori e nei metodi di preparazione, la cultura dell’area geografica di appartenenza. Queste caratteristiche hanno un valore enorme e posizionano il prodotto in una fascia di mercato irraggiungibile per un altro di provenienza forse meno appetibile.

Inoltre, un prodotto correttamente valorizzato nel suo contesto territoriale contiene un valore “etico” intrinseco che, sempre più, viene e verrà considerato dai consumatori come uno dei fattori di scelta. Queste considerazioni potrebbero essere per l’olio italiano un’opportunità concreta per allargare gli orizzonti commerciali, occupare nicchie di mercato inesplorate ed un’occasione di sviluppo per le economie dei territori di produzione.

 

Patrizio Lemme
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